Fondirigenti, l’open manager moltiplica le opportunità delle imprese: il progetto Open Mood

L’emergenza sanitaria influisce enormemente sulla guida delle imprese e rende necessaria la formazione di nuove figure manageriali: innovative, aperte, flessibili, in grado di coinvolgere e di far crescere i propri collaboratori. Sono gli open manager, gli unici in grado di gestire l’incertezza e l’imprevedibilità che caratterizzerà sempre più a livello globale il mondo delle aziende. A questa conclusione è giunta l’iniziativa strategica “Open Mood – Open Manager per l’Open Organization”, promossa da Fondirigenti, il più importante fondo interprofessionale per la formazione dei manager promosso da Confindustria e Federmanager, e realizzata da CIS – Scuola per la gestione d’impresa, in partenariato con SFC – Sistemi Formativi Confindustria e Forma del Tempo. 

I risultati del progetto di ricerca, che ha coinvolto 323 aziende, tra le più innovative e competitive del nostro Paese, sono stati presentati lo scorso 10 marzo nel corso di un webinar aperto dal presidente di Fondirigenti Carlo Poledrini. “Tra avvisi e iniziative strategiche, nate a sostegno dei territori, dal 2017 ad oggi abbiamo investito 55 milioni di euro su temi vitali per il futuro del Paese, dall’industria 4.0 fino ai giovani e al Mezzogiorno – ha ricordato Poledrini – E questo grazie agli indirizzi dei nostri soci promotori, Confindustria e Federmanager, e alle conseguenti decisioni del Cda. Con tale impegno ci proponiamo di supportare manager e imprese nell’affrontare i trend del futuro, contribuendo all’innovazione del sistema formativo”. 

Nell’iniziativa “Open Mood” è stato somministrato un questionario a 383 manager, rappresentativi sia della famiglia dei “top” che di quella dei “middle” e appartenenti a diverse funzioni aziendali, e un successivo questionario è stato sottoposto ad altri 30 manager, con l’obiettivo di indagare le competenze degli “open manager”, di delineare un modello formativo e di produrre uno strumento di auto-valutazione. 

Il manager, in particolare, dovrebbe rispondere a 19 domande, con punteggio da zero a cento, ed essere così in grado di capire da solo quanto disti da quell’ideale, definito da cinque doti. Primo, saper accettare il cambiamento come condizione permanente del nostro tempo, avendo fiducia di sapersi adattare ed evolvere; secondo, essere protagonista di una leadership di servizio, “da pari a pari”, dando particolare rilievo ai collaboratori, che così potranno crescere meglio, rendendo alla lunga i capi stessi più performanti; terzo, un chiaro orientamento alla competizione; quarto, una visione del business al di fuori degli schemi e una propensione a reagire velocemente alle situazioni, mettendo in discussione il proprio punto di vista; quinto, l’essere disponibile all’apprendimento. 

Con l’autovalutazione il manager potrà capire quali passi dovrà ancora compiere, affidandosi alla formazione. E anche quest’ultima cambierà registro, adottando il modello didattico della “flipped classroom”, la classe capovolta, secondo il quale la lezione diventa compito a casa, mentre il tempo in classe è usato per attività collaborative e di addestramento. 

Nel ciclo formativo, a ciascuno dei cinque “tools” di cui l’open manager deve dotarsi dovrebbero essere dedicate almeno due giornate. E’ il modello di “classe capovolta” a permettere di ridurre i tempi di apprendimento, stimolando gli allievi a muoversi in autonomia e ad apprendere assieme ai loro colleghi. Al webinar “Open Mood” dopo il saluto di Carlo Poledrini, quello di Claudio Lodi, presidente Cis. Hanno presentato i risultati della ricerca Francesca Sorbi, direttore generale Cis, Paola Previdi, amministratore delegato di Sistemi Formativi Confindustria, e Paolo Bruttini, presidente Forma del Tempo. Sono intervenuti Alberto Felice De Toni, presidente della Fondazione Crui, e i manager Domenico Bruno del Gruppo Net Com, Luca Lanfranconi di Cisco, Francesca Lombardo di Prima Industrie, Armando Meletti di Esmalglass-Itaca Group. Le conclusioni le ha tratte Fabio Storchi, presidente Unindustria Reggio Emilia, mentre ha moderato i lavori Vito Verrastro, giornalista di “Lavoradio”.