Un’impresa agile è possibile solo con lo sviluppo di nuovi modelli organizzativi

L’emergenza Covid sta imponendo un cambiamento radicale dei modelli aziendali, ma il ricorso allo smart working non si è tradotto ancora in un nuovo paradigma d'impresa. È quanto emerge dalla ricerca La scacchiera del valore, il progetto promosso da Fondirigenti e realizzato in collaborazione con Federmanager e Manager Solutions, presentato in un evento online conclusivo lo scorso il 18 dicembre. 

Per il 47% dei manager intervistati, i modelli organizzativi aziendali non sono ancora sufficientemente ‘agili’ e solo nel 16% dei casi lo smart working è una realtà già attuale nei diversi contesti. Obiettivo dell’indagine è stato quindi quello di identificare un modello di agile e welfare management in grado di far ripartire il sistema produttivo, ripensando i processi organizzativi e puntando su tre ambiti fondamentali: innovazione, crescita delle competenze e sostenibilità. 

Il modello è stato realizzato sulla base delle rilevazioni emerse da una survey che ha coinvolto 315 manager, utilizzando la metafora degli scacchi per individuare alcune figure manageriali determinanti all'interno dei contesti aziendali, ognuna caratterizzata da peculiarità assimilabili a quelle dei diversi pezzi del gioco.

Dall'indagine è emerso uno scenario incerto, con circa il 47% dei rispondenti che ritiene di operare in un panorama aziendale 'intermedio', in cui approccio ordinario e nuovi paradigmi si incontrano, mentre c'è un rilevante 37,1% che riporta esperienze con aziende tradizionali e verticistiche. 

Benché lo smart working stia diventando un grande protagonista delle analisi economiche e sociologiche degli ultimi mesi, per il 55,6% dei rispondenti risulta ancora importante incentivare soluzioni più strutturali, basate sul lavoro agile come strumento di welfare management. 

Secondo il modello elaborato al termine del progetto, un'organizzazione aziendale agile si differenzia dal classico telelavoro o lavoro a distanza perché si basa su 4 pilastri ben definiti: autonomia, responsabilità, monitoraggio dei risultati e crescita delle competenze.

Secondo i manager che hanno risposto alla Survey, la cosiddetta connected leadership è un modello molto raro: per il 31,4% di loro questo è dovuto a un deficit di comunicazione degli obiettivi da parte del top management, mentre per il 28,9% la ragione sta nel fatto che le aziende vivono troppo day-by-day, ed hanno una governance talmente frammentata da rendere impossibile una conoscenza chiara degli intenti strategici anche per i collaboratori e i manager.

Il modello ideale di devolved decision making, vale a dire di delega e distribuzione delle responsabilità, con parallela condivisione delle scelte strategiche, è considerato un'utopia per il 26,3% dei manager.

Networking, lavoro in team e condivisione della conoscenza sono ritenuti elementi essenziali di un'organizzazione agile che, tuttavia, per il 56,8% degli intervistati, sono ritenuti possibili, ma poco realistici. Colpa, in parte, della governance aziendale, poco propensa a sviluppare una leadership flessibile, facilitatrice e motivante.

Per transitare dallo smart working all'agile management, quindi, il modello propone tre asset su cui investire: la filosofia aziendale, che deve abbandonare gli strumenti novecenteschi a favore di una maggiore fluidità; la strategia, da improntare a una visione e pianificazione dei processi che sia chiara e adattiva rispetto al contesto mutevole; la metodologia, ovvero la condivisione e lo scambio delle competenze all'interno dell'organizzazione, per sostenere il processo decisionale. 

È proprio sulle competenze necessarie a istillare in azienda una cultura agile che il campione si divide tra chi ritiene (49,5%) che la preminenza spetti comunque a competenze di natura specifica e chi (47,6%) ritiene le soft skills trasversali un elemento strategico, soprattutto nelle fasi di gestione di situazioni di crisi. 

Info: Progetto Agile