Open Innovation: analisi della readiness territoriale fra le imprese del Friuli-Venezia Giulia

Indagare sulle abilità e competenze del management sull’Open Innovation, con una apertura nella ricerca di innovazione oltre i confini dell'impresa, questi gli obiettivi dell’iniziativa promossa da Fondirigenti con MIB Trieste School of Management, per mettere a disposizione del management gli strumenti utili ad individuare i gap e progettare gli interventi necessari per affrontare il cambiamento. 

L’iniziativa ha condotto all’elaborazione di uno strumento self-assessment assistito, di benchmarking interno ed esterno per valutare la readiness delle organizzazioni, con il supporto dei principali stakeholder territoriali, come associazioni industriali, parchi scientifici, cluster tecnologici e settoriali.
Lo studio ha preso in esame quattro principali dimensioni di rilevanza strategica: l’agilità strategica; l’ambidestrosità organizzativa; l’attitudine all’open innovation e la cultura digitale, su un campione di imprese prevalentemente di medio-grandi dimensioni, rappresentativo delle diverse specializzazioni manifatturiere della regione Friuli-Venezia Giulia, come il navale, la meccanica di precisione, il legno arredo, il siderurgico-metallurgico.

Quello dell’open innovation è un tema non nuovo, eppure la sua urgenza inizia ad essere compresa probabilmente solo adesso dalla grande maggioranza delle imprese, a causa dell’accelerazione dei processi di digitalizzazione di prodotti, processi e modelli di business. 
Per quanto concerne l’agilità strategica, le imprese coinvolte nella ricerca hanno evidenziato buoni livelli di agilità, ma con valutazioni significativamente discordanti per colletti bianchi e manager, con i primi piuttosto più severi nei loro giudizi. Entrambi i dirigenti ed i colletti bianchi concordano che i punti deboli delle aziende di cui fanno parte siano da riscontrarsi soprattutto in relazione alle capacità di rivedere i prezzi di prodotti e servizi per restare competitivi e reagire rapidamente alla concorrenza.

Con ambidestrosità organizzativa si intende la capacità di un’organizzazione di esplorare business, tecnologie e mercati emergenti per la quale è necessaria flessibilità, autonomia e sperimentazione con la capacità di far fruttare business, tecnologie e mercati maturi per la quale è invece necessaria efficienza, controllo e capacità di miglioramento incrementale. 
Anche in questo caso le valutazioni dei colletti bianche si sono dimostrate più conservative. Le due capacità ambidestre (esplorare ed efficientare) non risultano equamente distribuite. La varianza misurata tra le aziende del campione è elevatissima, in termini di capacità di combinare elevati valori di esplorazione e di efficientamento, ciò può dipendere anche da una debole identificazione con i propri leader di funzione o di business unit. 

All’aumentare della velocità della competizione oltre che della frequenza con cui si realizzano cambiamenti di paradigma tecnologico diventa troppo rischioso per le imprese gestire esclusivamente all’interno i propri processi di innovazione. Occorre saper guardare “fuori”, costruire reti di collaborazioni ed alleanze che consentano alle imprese di giocare le proprie carte su più tavoli. 

Tale consapevolezza è ben presente nelle imprese del territorio così come è elevata la loro attitudine all’Open Innovation: un risultato per nulla scontato e che sarebbe stato probabilmente molto diverso fino a pochi anni or sono.

La ricerca ha infine misurato la readiness delle aziende del territorio rispetto alla rivoluzione digitale, attraverso due misure tra loro apparentemente simili: Digital Culture, una misura rivolta al presente ed alla chiarezza della strategia digitale dell’azienda, e Fit for Disruption, una misura rivolta invece agli sforzi fatti verso il futuro. 

I risultati sono stati abbastanza buoni, soprattutto per la seconda. Molte aziende hanno investito in tecnologie digitali in questo periodo, ma molte lo hanno fatto sulla spinta delle opportunità fiscali, senza davvero pensare a come mettere in valore tali tecnologie attraverso delle modifiche sostanziali dei loro modi di fare business.

Tutti questi temi sono stati approfonditi nei due workshop organizzati presso MIB Trieste School of Management, con manager e stakeholder territoriali, che hanno consentito di far emergere le molteplici opportunità di diversificazione strategica che l’era digitale  rende possibili, ma al tempo stesso, anche i timori e le perplessità legate alla concorrenza dei grandi business di piattaforma (Amazon, IBM, Google, Facebook) oramai pervasiva in diversi settori, e all’attrazione e la gestione dei talenti anche attraverso il work-life balance ed il remote working.

All’evento conclusivo di presentazione dei risultati sono intervenuti Carlo Poledrini, presidente di Fondirigenti, Guido Bortoluzzi responsabile scientifico del progetto per MIB Trieste School of Management e dirigenti che hanno partecipato alle attività di progetto, Sergio Barel CEO di Brovedani Group, Sandro Sartori, Marketing Manager & Businesses Developer di LTL Spa e Marcello Rita, HR manager di AcegasApsAmga. 

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