Piccole e con pochi manager, le imprese del Sud chiedono più risorse per l’innovazione

Piccole e a gestione familiare, con tutti i pregi e i difetti che questo modello comporta. Sono le imprese oggetto della ricerca promossa da Fondirigenti nell’ambito di Progetto Sud, per indagare sui fabbisogni di formazione e sviluppo manageriale del Mezzogiorno. L’indagine è stata condotta in collaborazione con l’Università degli Studi della Calabria, e ha preso in esame un campione di oltre cento aziende rappresentative di sei regioni d’Italia, Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia, Campania e Sardegna, attraverso interviste approfondite per rilevare i punti di forza e le criticità di un tessuto imprenditoriale che presenta grandi potenzialità, ma che è ancora carente sul fronte dell’innovazione. 

I risultati confermano che le pmi meridionali innovano poco e se lo fanno è solo all’interno del perimetro aziendale, mentre è scarsamente sviluppato il network tra filiere e territori. La richiesta di innovazione proviene però dalle stesse imprese: secondo le aziende intervistate fra i fattori che potrebbero favorire una maggior diffusione della cultura manageriale figurano una gestione più strategica e ‘manageriale’ delle risorse umane (50%), una formazione focalizzata sul business development (50%), ma soprattutto maggiori incentivi per l’innovazione (53%), la creazione di reti d’impresa (42%), la crescita dimensionale (42%).
Lo studio rappresenta il primo step di Progetto Sud, il programma di interventi messo a punto da Fondirigenti, attraverso risorse dedicate. Nell’ambito del progetto è stato realizzato un road show nei territori presi in esame, per la diffusione di buone pratiche delle iniziative realizzate al Nord, e per sensibilizzare questi territori a un più efficace utilizzo delle risorse per il management. Il secondo step è stato riservare 2 milioni di euro dell’Avviso 1/2019 alla formazione manageriale delle aderenti meridionali. 

“Grazie allo sforzo di analisi e sensibilizzazione del Progetto Sud siamo riusciti ad avere ottimi risultati in termini di domanda da parte delle imprese del Mezzogiorno esaurendo le risorse di 2 milioni di euro a disposizione” spiega il direttore generale di Fondirigenti Costanza Patti “le risorse stanziate puntano a dare un’iniezione di positività su questo territorio, in particolare in questo momento di grande difficoltà per l’emergenza Covid”.


La mancanza di manager e di risorse giovani

I dati rilevati dall’indagine evidenziano un significativo gap rispetto alle regioni del Centro e del Nord del Paese nella presenza di figure manageriali. Il paradosso è che proprio dove ce ne sarebbe maggiormente bisogno, i manager e i dirigenti sono sempre meno. Oltre alla scarsa propensione all’innovazione, emerge anche uno scarso ricambio generazionale. I due terzi dei dirigenti, infatti, hanno un’età compresa tra i 40 e i 60 anni, ai quali si aggiunge un ulteriore 22% di senior manager oltre i 60 anni. 
L’imprenditore del Mezzogiorno tende inoltre a prediligere un numero esiguo di figure dirigenziali che vengono concentrate per lo più in funzioni produttive o tecnico-gestionali. Questa situazione è spesso legata all’esigenza di contenere i costi del lavoro, poiché una micro o piccola impresa non “può permettersi” di introdurre figure dirigenziali o giovani manager capaci di innovare la strategia aziendale. In altri casi, invece lo scarso interesse delle aziende per figure specializzate con competenze manageriali è dovuta ad una visione ristretta e poco strategica della gestione aziendale e su questo fattore “culturale” è necessario agire con investimenti ad hoc.


Gli altri ostacoli allo sviluppo

A differenza di territori più sviluppati, con una tradizione imprenditoriale diffusa, istituzioni locali forti, associazioni sindacali radicate e legittimate, questa combinazione di asset fondamentali è difficilmente rintracciabile nel Mezzogiorno per cui la competitività e il successo (o la sopravvivenza) delle imprese derivano spesso da altri fattori. 
La prevalenza cioè, di settori a basso valore aggiunto e il “nanismo” strutturale delle imprese, quali elementi di una debolezza alla quale si somma una mancanza di sinergie ed una frammentazione che le rendono ancora più isolate. Tranne alcuni casi localizzati, soprattutto in Campania, Puglia e Basilicata, al Sud non esistono economie di filiera, sono poche le grandi imprese e le concentrazioni industriali di rilievo. 
In generale, mentre le imprese industriali del Centro-Nord hanno puntato sull’internazionalizzazione e sull’innalzamento qualitativo dell’offerta, quelle meridionali, meno presenti nel mercato internazionale e poco orientate all’innovazione, hanno infatti resistito negli anni della crisi facendo soprattutto leva sul contenimento dei costi.


Pregi e difetti della gestione familiare

Lo stile gestionale delle imprese è spesso basato sul modello “del buon padre di famiglia” in grado di prevenire e assorbire ogni eventuale conflittualità, dai meccanismi di decision-making alle scelte strategiche sulla mission aziendale. 
Emerge una sorta di microcapitalismo in cui le imprese hanno difficoltà a fare sistema e a crescere in termini di dimensioni, perché la sopravvivenza e il successo sono legati non ad un sistema locale, bensì ad una capacità produttiva autonoma costruita su solidarietà sociali di tipo comunitario, in cui la famiglia gioca un ruolo sostanziale. 
L’informalità e la centralità della famiglia se, da una parte, possono rappresentare un punto di forza e di coesione, dall'altra finiscono per condizionare le traiettorie di sviluppo dell’impresa rendendola impermeabile alla crescita dimensionale e prudente nella sperimentazione di nuove tecnologie. 


L’importanza della formazione

Dall’indagine di Fondirigenti emerge con chiarezza la necessità di puntare sullo sviluppo di un rapporto strutturale tra imprese, università e istituzioni,;che risulta ancora troppo sporadico e che invece potrebbe essere la spinta per andare nella giusta direzione, attraverso risorse e incentivi. Gli attori (pubblici e privati) giocano infatti un ruolo fondamentale: in primis le istituzioni pubbliche, locali e nazionali, cui spetta il compito di immaginare strategie efficaci finalizzate a ridurre i divari sociali, economici e tecnologici tra Nord e Sud.
Nelle opinioni dei manager che hanno partecipato alla rilevazione, la formazione oltre a fornire competenze specifiche, contribuisce a porre le basi per il cambiamento della cultura organizzativa. Fra le modalità preferite dalle imprese figurano la partecipazione a workshop specialistici e convegni (60%), ma anche una formazione con modalità innovative quali action learning, team coaching, counselling (50%). Nello studio emerge, a tale proposito, la centralità del ruolo svolto da Fondirigenti nel formare competenze adeguate allo sviluppo ed è in questa direzione che il Fondo intende continuare a supportare il tessuto manageriale del Meridione.